09/10/2019

È stato un terremoto principale?

Mentre la maggior parte dei grandi terremoti non viene annunciata da scosse premonitrici, questi eventi vengono sempre seguiti da migliaia di scosse di assestamento, la cui frequenza e intensità diminuiscono con il passare del tempo. In alcuni casi, tuttavia, a una forte scossa ne segue una ancora più forte. Ciò è accaduto ad es. in occasione delle sequenze sismiche dell’Italia centrale nel 2016 o di quella presso Ridgecrest (USA) nel luglio di quest’anno.

Fino ad oggi non è possibile prevedere se dopo una forte scossa ce ne sarà probabilmente una ancora più forte o no. I risultati di uno studio di Laura Gulia e Stefan Wiemer del Servizio Sismico Svizzero (SED) con sede all’ETH di Zurigo, appena pubblicati sulla rivista Nature, risvegliano la speranza di poter presto essere in grado di farlo in tempo reale. Questa scoperta scientifica avrebbe un notevole impatto sulla protezione della popolazione: potrebbero essere prese decisioni più affidabili in merito all’evacuazione delle persone, i servizi di soccorso potrebbero indirizzare meglio i loro interventi e le infrastrutture critiche – come ad es. le centrali elettriche – verrebbero protette in modo più efficace.

Partendo dai dati disponibili delle scosse, gli autori dello studio hanno sviluppato un metodo con il quale è possibile stabilire se una sequenza sismica ha maggiori probabilità di smorzarsi oppure se essa verrà seguita da scosse ancora più forti. Il parametro principale che hanno studiato è stato il cosiddetto «valore b», che indica il rapporto tra l’intensità e il numero delle scosse. Dagli esperimenti svolti in laboratorio si sa che questo valore indica indirettamente lo stato di tensione della crosta terrestre. Nelle regioni attive dal punto di vista sismico, di norma questo valore è vicino a 1. Ciò significa che qui si verificano 10 volte più scosse di magnitudo 3 di quelle di magnitudo 4 o superiore.

I ricercatori hanno ora dimostrato che il valore b varia sistematicamente nel corso di una sequenza sismica. A tal fine hanno analizzato i dati di 58 sequenze sismiche, sviluppando un sistema semaforico che segnala come queste sono destinate a evolversi. Quando il valore b diminuisce del 10% o più, il semaforo diventa rosso. Ciò significa che la probabilità che si verifichi una scossa ancora più forte è molto alta. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il valore b aumenta del 10% o più, cosicché il semaforo diventa verde e fa cessare l’allarme. In questi casi si prevede una tipica sequenza di scosse di assestamento che si smorzerà con il passare del tempo. Partendo dagli insiemi di dati analizzati, questa evoluzione è stata riscontrata nell’80% delle sequenze. Il semaforo diventa giallo quando la diminuzione o l’aumento sono inferiori al 10% e quindi non è chiaro come si evolverà l’evento.

Il sistema semaforico ha dimostrato la sua affidabilità nel 95% dei casi analizzati: la variazione osservata del valore b ha indicato lo sviluppo di una sequenza, ossia il successivo verificarsi o meno di una scossa più intensa. Prima che un simile sistema possa però essere impiegato per proteggere la popolazione saranno ad ogni modo assolutamente necessarie altre verifiche con ulteriori insiemi di dati. Per un’applicazione efficace sarebbe inoltre necessaria una rete sismica più fitta con maggiori capacità di elaborazione dei dati. Queste ultime non sono tuttavia ancora disponibili in molte delle regioni che potrebbero beneficiare di un simile sistema semaforico.

Nature articolo Real-time discrimination of earthquake foreshocks and aftershocks