17/01/2019

Un esperimento studia in che modo la roccia fratturata è in grado di confinare CO2

Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi dell’ONU sul clima, non basta ridurre le emissioni di gas serra. Un’opzione complementare è quella di separare la CO2 direttamente dalla produzione industriale o dall’atmosfera e di immagazzinarla in maniera permanente nel sottosuolo profondo. Queste cosiddette emissioni negative si ottengono però solo se la CO2 separata rimane immagazzinata in modo sicuro per centinaia di anni. Una volta iniettata nella la roccia serbatoio, la CO2 potrebbe di nuovo disperdersi in due modi: lungo le pareti dei pozzi esistenti oppure attraverso fratture presenti nelle rocce di copertura. Una roccia di copertura intatta è fondamentale per sigillare la roccia serbatoio. Le zone di fratturazione nella roccia di copertura, che potrebbero attivarsi durante l’iniezione, non determinano solo per quanto tempo è possibile immagazzinare la CO2, ma rappresentano anche il punto in cui possono verificarsi terremoti.

Al momento non riusciamo ancora a comprendere completamente i processi fisici e chimici che determinano se e come la CO2 riesce a disperdersi attraverso le fratture. Poco compresi sono anche gli effetti delle iniezioni di CO2 sulle deformazioni della roccia e sulle interazioni chimiche che possono dare origine ai terremoti. Inoltre, si sa ancora ben poco sulle condizioni specifiche presenti nel sottosuolo svizzero. Tutto questo rende oggi difficile valutare in quale misura l’immagazzinamento sotterraneo della CO2 qui da noi possa essere o meno un’opzione da prendere in considerazione. Per questi motivi, gli scienziati del Servizio Sismico Svizzero (SED) con sede all’ETH di Zurigo e del SCCER-SoE stanno svolgendo un esperimento in stretta collaborazione con il Department of Mechanical and Process Engineering e l’Istituto di Geofisica del Politecnico federale di Zurigo, così come con Swisstopo e la Scuola politecnica federale di Losanna. L’esperimento, che si svolge nel laboratorio sotterraneo di Mont Terri, fa parte del progetto ELEGANCY finanziato dalla Commissione Europea e dall’Ufficio Federale dell’Energia.

Gli scienziati stanno studiando in che modo la CO2 è in grado di migrare lungo le fratture, in quali condizioni si verifica la sismicità indotta e come possa essere monitorato al meglio un simile giacimento. A tal fine inietteranno piccole quantità di acqua salata arricchita di CO2 in un pozzo di piccolo diametro che attraversa una piccola zona fratturata. Per scoprire come la roccia fratturata presente in questa zona di disturbo reagisce alla CO2, osserveranno la stabilità della roccia e indagheranno in che modo interagiscono tra di loro le deformazioni di taglio, la pressione interstiziale e le linee di scorrimento. Alcuni sensori sismici attivi e passivi monitoreranno le variazioni delle velocità sismiche nei pressi del punto di iniezione e rileveranno possibili microscosse con magnitudo inferiore a zero.

A differenza di un grande progetto operativo di immagazzinamento della CO2, questo esperimento studia i processi rilevanti solo mediante piccole quantità di acqua salata arricchita di CO2. Ciononostante, le conoscenze acquisite contribuiranno a comprendere meglio i principali processi che influiscono sui movimenti della CO2 attraverso le zone di fratturazione. L’esperimento fornirà così anche un importante contributo che ci permetterà di caratterizzare meglio i siti di immagazzinamento. In tutto il mondo sono già in corso circa venti progetti di immagazzinamento di CO2, ciascuno dei quali ha separato e immagazzinato fino a tre milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Altri progetti sono in programma. Attualmente in Svizzera non è previsto nessun progetto di questo tipo.

www.sintef.no/elegancy/

www.sccer-soe.ch/research/pilots-demos/elegancy/